CULTURA E TEMPO LIBERO

AREA LIBRI | ARCHIVIO

Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo
Svetlana Aleksievic (Bompiani)


C'è un momento in cui la vita, la semplice vita, si trasforma in letteratura. A svelarlo è la stessa autrice che ci confessa di aspettare tale momento in tutte le sue conversazioni, siano esse pubbliche o private. E ne ha catturati moltissimi, di questi momenti, durante la costruzione lunga e paziente di questo suo capolavoro, di tanto in tanto facendosi "cogliere impreparata, mentre quel frammento di letteratura" balenava nei luoghi più inaspettati...

Una rassegna di tantissime voci, le più diverse — di vittime e carnefici, fiere e disperate, roche e squillanti — che raccontano una storia unica, immensa, dolorosa e piena di contraddizioni: la storia della grande madre-matrigna Russia che passando da un impero a un altro si ritrova oggi in una grande e inquietante incognita. Più in particolare, la storia del dramma collettivo del crollo dell'Unione sovietica e della tormentata nascita della cosiddetta Nuova Russia. Più di venti anni, raccontati da contadini, operai, studenti, intellettuali, veterani, funzionari e altri ancora, donne e uomini, giovani e vecchi che hanno narrato il Cambiamento dal loro punto di vista, attraverso le loro vite. 

Sono testimonianze quasi sempre dolorose che ci conducono dal centro di Mosca alle sue periferie, dalle cucine alla steppa sconfinata, percorrendo per chilometri e chilometri quell'immenso territorio, grande più di un continente, abitato da popoli fratelli e poi nemici, storie che ci svelano le più straordinarie, le più recondite, le più lampanti sfumature dell'anima russa: dalla nostalgia cronica alla drammatizzazione feroce, dall'angoscia all'orgoglio, dalla disperazione alla fierezza, dalla miseria alla cupidigia, dalla predisposizione alla sudditanza all'impeto rivoluzionario del riscatto. Tante sfumature che lasciano aperti ancor più inquietanti interrogativi.  

Quelle voci che ci raccontano, con un realismo talvolta raccapricciante, l'orrore della vita nei lager, al tempo stesso sono intrise di forza e di passione e talvolta sembrano addirittura fiere di raccontare quella vita e di averla vissuta. Le voci delle vittime e dei carnefici sono le voci dello stesso popolo che nella storia si sono sempre alternate nel balletto macabro dei bianchi e dei rossi, dei comunisti e dei capitalisti, dei compagni e dei signori, dei vecchi e dei giovani. E gli orrori di ieri diventano gli orrori di oggi, dei massacri delle periferie, del dramma dell'identità perduta. Dei valori sprofondati insieme a un paese in cui non ci si ritrova più. Rimane solo tanta sofferenza, tanto dolore.

La stessa autrice non fa che "girare intorno al dolore", perché "nel dolore c'è tutto: tenebra, solennità". Il dolore a volte crea "un ponte tra le persone, un legame segreto", a volte un abisso.  

Proprio il dolore dunque, nelle sue più solenni ed estreme accezioni, sembrerebbe costituire il fil rouge di questa grande storia che non è sempre quella con la S maiuscola e che al momento non promette alcun lieto fine, ma solo un tempo di seconda mano. 

Doveva cambiare tutto e non è cambiato nulla, anzi...